scenario: in un universo parallelo e popoloso, Max è uno schiavo costretto a combattere nelle arene per riscattare la propria libertà…
prima parte (2): Max il grande
Il gong di inizio tuonò e rapidi come felini i guerrieri di entrambe le squadre si sparpagliarono per l’arena seguiti dai cab, le telecamere robotiche a forma sferica che inviavano le immagini ai grandi tabelloni e ai monitor degli spettatori, cosicché tutti potevano seguire le imprese dei propri beniamini e vedere, spesso, anche la morte degli stessi senza perdersi nessuno schizzo di sangue.
Generalmente le squadre usavano dividersi e combattere singolarmente, impegnandosi tutti nella conquista del tempio nemico; data la mole degli avversari, Max pensò bene di cambiare strategia, in modo che a parte Kaim, nessuno si trovasse da solo ad affrontare il nemico, anche perché, se giocata bene, questa tattica avrebbe garantito la loro vittoria prima che un qualsiasi contendente si fosse avvicinato a Kaim.
Sobiek e i suoi non si resero subito conto dello schieramento avversario e per qualche istante rimasero spiazzati. Questo facilitò la squadra blu: Kaim raggiunse subito la propria casa base e Max e Nabithy si trovarono in poco tempo a metà strada dal tempio dei rossi.
Sobiek, che in un primo momento era diretto come un treno verso la collina avversaria, tornò a grandi balzi verso il proprio territorio, lanciando granate contro Max e la sua compagna di squadra.
Nabithy saltò a destra giusto in tempo per mettersi a riparo da una bordata di Sobiek, mentre Thrent, appoggiando il suo caposquadra, sparò un raggio multifrequenza contro Max. Il colpo fu tale che Max fu sbalzato di una decina di metri lasciandolo precipitare in malo modo verso la scarpata. Sobiek si accanì su Nabithy correndo verso di lei e continuando a lanciare granate.
Nel frattempo, Borg e Shiun erano impegnati a sparare contro Buz, Komhet e Sudha, che tentavano a ogni costo di superarli per raggiungere la vetta del loro colle.
Max scosse la testa cercando di riaversi e a fatica si alzò, mentre un altro raggio multifrequenza lo sfiorava sulla sinistra. Con uno slancio repentino, Max si gettò sulla destra dirigendo un colpo fulminante contro Thrent che si schiantò al suolo con un urlo agghiacciante.
La voce del narratore comunicò il decesso del guerriero.
Una scheggia di granata colpì l’omero di Nabithy che cadde rovinosamente dando la possibilità a Sobiek di raggiungerla. Con sforzo sovrumano Max diresse un colpo fulminante contro Sobiek, ma questi si scansò come avvertito da una forza oscura e il raggiò colpì una parete che cadde su Nabithy. Sobiek si scagliò, allora, contro Max scendendo come un macigno dalla collina per ingaggiare un corpo a corpo, ma Max ricaricò il suo multiarma e sparò. Ancora una volta Sobiek riuscì a evitare il colpo e con un balzo atterrò Max.
Il narratore annunciò la morte di Komhet e il ritiro di Shiun, che ferito gravemente riuscì a raggiungere un’area di sosta, luogo in cui si poteva godere di immunità. A questo punto Kaim scese un po’ a valle per dare manforte a Borg.
Nabithy, nonostante ferita e sommersa da mattoni e calcinacci, emerse dalle macerie e proseguì la sua scalata verso la casa base dei rossi. Intanto, Max era in difficoltà: Sobiek lo massacrava di pugni e calci allo stomaco, non gli dava respiro. Per quanto Max provasse a risollevarsi per opporre resistenza, l’avversario riusciva a rimetterlo K.O. Ogni colpo era sempre più poderoso, ma meno doloroso, ormai era divenuto insensibile, riuscì ad afferrare lo shaqquo, il corto machete che portava legato alla coscia destra, e lo brandì sfiorando il grosso avambraccio di Sobiek, graffiandogli la polsiera sinistra. Sobiek rise divertito e senza alcun timore di quell’arma tagliente, con un gesto rapido come l’attacco di un cobra, afferrò Max per la gola sollevandolo da terra e stringendogli la giugulare. Lo shaqquo cadde a terra.
Un gong risuonò nell’arena, seguito da urla festanti.
“FINE-E-E… DEI GIO-CHI-I-I-I!” annunciò il narratore.
Nabithy aveva issato il vessillo blu sul tempio rosso.
Max aveva le mani sull’enorme polso di Sobiek e gli occhi stavano per schizzargli via. Il gigante avversario non aveva intenzione di mollare la presa. Perdere quella battaglia significava rinviare ancora di un incontro la propria libertà. Non poteva perdonargli questa sconfitta, ma non poteva neanche uccidere un “uomo libero”, perché questo era Max ora: libero.
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